di Redazione – Riceviamo e volenieri pubblichiamo questa importante riflessione sullo stato di abbandono degli investimenti sui trasporti pubblici locali e regionali.
l numero di chi ogni giorno viaggia sui treni regionali e sulle metropolitane ha toccato un nuovo record, a quota 5,59 milioni. Ma le risorse pubbliche destinate al miglioramento della rete e dei servizi si riducono. E i chilometri di linee per il trasporto locale pure.
Il numero dei passeggeri di treni regionali e metropolitane aumenta in Italia, toccando quota 5,59 milioni e segnando un nuovo record rispetto al 2012 (+7,9% in 4 anni). Le risorse pubbliche destinate al miglioramento dei servizi e dell’infrastruttura, però, diminuiscono. E i chilometri di linee disponibili pure. È questo il paradosso che emerge dal rapporto Pendolaria di Legambiente, che scatta una fotografia poco incoraggiante del trasporto su ferro nel Paese. Quanto ai viaggiatori, sono 2 milioni e 874 mila coloro che ogni giorno usufruiscono del servizio ferroviario regionale e 2 milioni e 716 mila quelli che prendono ogni giorno le metropolitane, presenti in 7 città italiane, in larga parte pendolari. Per entrambi i numeri sono in crescita, così come quelli per l’alta velocità. Ma la situazione è tutt’altro che omogenea. Tra Firenze e Bologna, per esempio, l’offerta di treni non ha paragoni al mondo, con 162 treni che sfrecciano a 300 km/h nei due sensi di marcia ogni giorno (erano 152 lo scorso anno, 142 due anni fa, mentre erano solo 18 gli Eurostar nel 2002); altrove viaggiano vecchie carrozze diesel e sulla Roma-Lido di Ostia e la Circumvesuviana dove quasi sessantamila persone che non prendono più il treno per via dei tagli e del degrado del servizio.
Il motivo della sofferenza di alcune aree del Paese è riconducibile principalmente al taglio degli stanziamenti pubblici. La diminuzione delle risorse nazionali tra il 2009 e il 2018 pari a -20,4%, (che potrebbe diventare del 26,2% se confermato un taglio ulteriore di 300 milioni) mentre i passeggeri nello stesso periodo sono cresciuti del 6,8%. Per i trasporti su gomma e su ferro si è passati da una disponibilità di risorse di circa 6,2 miliardi di euro a 4,8 miliardi nel 2019. Per quest’anno le risorse si sono ridotte di 56 milioni di euro, ma secondo Legambiente alla sforbiciata si potrebbe aggiungere un ulteriore taglio di 300 milioni, per una clausola di salvaguardia nella legge di Bilancio che ha buone probabilità di scattare vista la situazione economica. A quel punto le risorse in meno sarebbero oltre il 6%, rispetto allo scorso anno, con la conseguenza di vedere meno treni nelle Regioni.
“Sono tanti i segnali positivi dalle città e dalle Regioni – commenta Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente – che mostrano una disponibilità delle persone a usare treni e trasporto pubblico locale, confermata da tutte le indagini. Quest’anno raccontiamo con tante storie proprio come ovunque siano arrivati nuovi treni, sia stato migliorato il servizio e il numero dei passeggeri sia cresciuto in modo esponenziale. Ma sono troppe le Regioni in cui, al contrario, è stato ridotto il numero dei treni, sono diminuiti anche i pendolari che ne usufruiscono e sono stati costretti a usare i mezzi privati. I risultati prodotti dagli investimenti dimostrano che si può davvero migliorare la vita delle persone, riducendo l’inquinamento e le emissioni di gas serra generate dai trasporti, ma occorre avere una chiara idea dei problemi da affrontare, per allargare il cambiamento a ogni parte d’Italia.Se si vuole davvero migliorare la situazione per i pendolari, gli ambiti di intervento sono quattro: aumentare le risorse, coordinare e controllare quanto avviene sulla rete, cambiare le priorità infrastrutturali e fermare il taglio delle cosiddette linee secondarie. Ad oggi non si e’ capito quale idea abbia il governo per il rilancio dell’offerta per i pendolari e per il trasporto pubblico locale. Si fa un gran parlare di Tav, ma il rischio e’ che come nelle precedenti legislature vadano avanti solo le autostrade, mentre le opere che servono ai pendolari rimangono ferme, rinviate e incompiute”.
I numeri parlano chiaro. In questo inizio di secolo sono state costruite nuove linee ad alta velocità per 1.213 chilometri, nel frattempo sono avvenute cancellazioni per 1.120 km e sospensioni in altri 321 km, in territori rimasti ora senza collegamenti ferroviari. L’Italia, insomma, è spaccata a metà, con 9 Regioni e le due Province autonome in cui i passeggeri sono aumentati e 10 in cui sono diminuiti o rimasti invariati. Anche sull’età dei treni le differenze geografiche balzano agli occhi.
La media è di 16,8 anni, in calo rispetto ai 17,2 di un anno fa. Ma la riduzione è avvenuta soprattutto al Nord e al Centro; al Sud l’età media dei convogli è di 19,2 anni ed è urgente intervenire. Gli investimenti di Trenitalia con la gara per 500 nuovi treni sta cambiando la situazione in molte Regioni e inciderà anche al Sud nei prossimi anni. A questi si aggiungono quelli delle Regioni, che hanno consentito complessivamente di far entrare in esercizio oltre 410 treni nuovi. Inoltre, gli interventi decisi nella scorsa legislatura stanno permettendo nel quadriennio 2017-2020 l’entrata in circolazione di 210 nuovi treni. Occorre ricordare che è la prima volta che lo Stato italiano investe per comprare treni regionali. E che, come poche volte in passato, i pendolari sono stati al centro degli annunci del ministro delle Infrastrutture in questo inizio di legislatura. Sulla scorta di un impegno che è indicato chiaramente anche nel contratto di governo tra i due partiti che compongono la maggioranza. Tuttavia, in questi mesi, anche in conseguenza del crollo del viadotto Morandi a Genova, al centro dell’attenzione politica ci sono state le scelte sulle grandi opere. Secondo Legambiente occorre cambiare le priorità infrastrutturali: mancano 10 miliardi di euro per le 26 incompiute che servono ai pendolari italiani, mentre sono previste ingenti risorse per autostrade e altre strade. La sfida per il rilancio del servizio ferroviario in Italia consiste nel puntare sulle città, che sono il cuore della domanda di trasporto nel nostro Paese, sul Sud, dove i ritardi e i problemi sono incredibili, e su un progetto di mobilità sostenibile per la grande area inquinata della Pianura Padana.
Per Legambiente nel bilancio dello Stato già esistono le risorse per realizzare un salto di qualità. Il problema è di indirizzare i rilevanti fondi in maniera differente, ridisegnando con chiari obiettivi le entrate legate ai trasporti (accise, Iva, tariffe autostradali, ecc.) e le voci di spesa (sussidi all’autotrasporto, servizio ferroviario, infrastrutture). In particolare, per rilanciare il trasporto ferroviario occorre: potenziare il servizio regionale, e per garantire che il numero di treni sulla rete aumenti servono almeno 500 milioni di euro all’anno; rilanciare gli investimenti infrastrutturali davvero utili al Sud e nelle città, garantendo che almeno 2 miliardi di euro all’anno dei fondi introdotti con le Leggi di Bilancio 2018 e 2019 siano indirizzati a nuove linee di tram e metropolitane; acquistare nuovi treni per potenziare il servizio regionale e intercity, aggiungendo agli investimenti previsti almeno 600 milioni di euro all’anno per continuare il rinnovo del parco regionale circolante.